26 ottobre 2024 a Korhogo, giorno memorabile per le suore Figlie della Croce che con i laici a loro vicini, hanno celebrato una Messa di ringraziamento per tutto ciò che suor Janine SEIN ha vissuto e condiviso in Terra d'Africa. In questa terra, il linguaggio dell'amore ha legato la sua vita missionaria a un popolo che l'ha adottata e che lei ha adottato.
Nel corso della giornata, gli interventi hanno testimoniato:
L’anima della vita missionaria di Suor Janine
«Essere testimone della tenerezza di Dio». La Preghiera costante resterà l’anima della sua vita missionaria perché per lei, la sequela di Cristo è stata sempre un appello a imitarlo, lui l’inviato del Padre per salvare e guarire il mondo. «Guarire», espressione stessa della sua professione di infermiera. Attraverso la missione di curare, ha saputo far riecheggiare il carisma lasciato in eredità dai Fondatori: «Guarire è imitare il Maestro stesso».
Le missioni vissute
Dopo Niellé, si è recata a Korhogo, dove, con le suore Figlie della Croce, offre una Casa di accoglienza per persone con disabilità mentali. Molto presto, insieme, si sono rese conto che queste persone nella loro fragilità erano messe da parte. Così, con il sostegno dei laici, decidono di offrire loro un luogo di accoglienza, di pace, di tenerezza, di integrazione familiare e sociale. Oltre a fornire cure mediche, il Centro Giubileo ha pensato al reinserimento socio-economico dei pazienti una volta recuperata la salute. I pazienti guariti attualmente danno vita a un'azienda agro-pastorale e a laboratori.
«Come Maria, ritta ai piedi della Croce, in piedi nel cuore della disabilità, ha dato un senso alla fragilità, alla sofferenza». Il nome dato al terreno donato per la fattoria è una perfetta illustrazione di questo progetto di rialzare la persona: WOWOYELAA Che, nella lingua Senoufo, significa: Mettiamoli in piedi!
Tutte queste testimonianze sono state accompagnate dai doni dei partecipanti - sacerdoti, laici, congregazioni religiose e, naturalmente, le sue suore che le hanno regalato un quadro della Vergine Maria che disfa i nodi e una borsa per contenere i preziosi frutti di tutti i semi sparsi.
Queste espressioni di affetto hanno lasciato un messaggio forte:
Accogliere la grazia dello Spirito Santo per poter annunciare Dio al mondo più con i fatti che con le parole, per essere donne portatrici del Vangelo.
La nostra comunità di postulato situata a Boniéré, più precisamente nella diocesi di Katiola, è composta da quattro suore e quattro postulanti. Vi presentiamo la nostra vita di formazione al postulato. Nel postulato, tutte le suore partecipano alla nostra formazione umana, spirituale e pastorale. A livello umano: abbiamo delle attività pratiche. Come ad esempio: imparare le attività di allevamento, saper gestire la casa, fare giardinaggio, cucito, informatica. A livello spirituale: preghiera, accompagnamento, approfondimento dei sacramenti, il credo, la Bibbia, la Lectio Divina, ecc. A livello pastorale: visitiamo i malati, le persone vulnerabili e le persone con disabilità. Offriamo ripetizioni a bambini e giovani delle scuole superiori. Ci impegniamo nella catechesi in parrocchia.
La giornata al postulato inizia alle 6.15 con le Lodi e la celebrazione dell'Eucaristia nella parrocchia del Sacro Cuore a Boniéré animata dalla nostra comunità. In seguito, di ritorno a casa, facciamo colazione prima di iniziare le attività comunitarie. Alle 8 del mattino abbiamo il nostro tempo di preghiera personale che dura da 45 minuti a 1 ora. Dopo questo tempo di incontro intimo con il Signore, ci prepariamo per le lezioni programmate (dalle 9:00 alle 11:00) che variano di giorno in giorno. A mezzogiorno preghiamo l’ora media e di seguito il pranzo. Facciamo la siesta prima di riprendere le attività personali o comunitarie o le lezioni. Abbiamo anche ore di approfondimento delle sessioni e dei corsi. Dalle 16.30 in poi, ci occupiamo del cortile, dell'orto e dei fiori. Alle 18 abbiamo la preghiera comunitaria (vespri e rosario o condivisione della Parola di Dio o adorazione al Santissimo Sacramento). Dopo questo tempo di preghiera, ci troviamo per la cena comunitaria. Infine, la ricreazione comunitaria seguendo le notizie televisive. Il martedì la serata è libera (lavoro personale). La giornata termina con Compieta o la lettura della Parola di Dio in silenzio.
Nathalie, Elise, Marina e Evelyne
Disponibile per l’accoglienza, la comunità Speranza è anche la Casa delle giovani suore in formazione. Da qualche anno ha vissuto questa bella esperienza dei cammini delle giovani nell’apprendimento dei saperi e delle conoscenze per essere al servizio della missione.
Lungo gli anni accademici, la comunità gusta la gioia di condividere il vissuto, le scoperte, le discussioni. E questa gioia è grande quando le giovani arrivano al termine di una formazione. È quello che abbiamo vissuto con la discussione della tesi di stage di suor Charlotte SANKARA il 10 giugno 2021. Ha superato questa tesi al CELAF (Centro Lassalliano Africano) e più precisamente nel settore ISVR (Istituto di Scienze della Vita Religiosa). Lo scopo di questa tesi era di spiegare l'obiettivo di uno stage che ha svolto in un orfanotrofio a Bingerville, Abidjan, Costa d'Avorio. Il tema era la trasmissione di un linguaggio curato al fine di ottenere un comportamento rispettoso. Rispettando il limite di tempo imposto dalle regole, Suor Charlotte ha saputo individuare le motivazioni di questa scelta presso i bambini. Questa formazione pratica, ha spiegato, è perfettamente in linea con il carisma della Congregazione delle Figlie della Croce: «Ripresentare la vita di Nostro Signore Gesù Cristo e la semplicità del suo Vangelo con il suo spirito, il suo stile di vita, e le sue opere»[1] e di rendere il Cristo presente e vivente nel nostro ambiente di vita. Questo carisma, che si riassume in due parole "Insegnare e guarire", si esprime nell'amore preferenziale per i poveri, per aiutarli a realizzarsi nella loro vita quotidiana. Spinta allora da questo desiderio di amare i poveri, ha semplicemente scelto di effettuare uno stage presso gli orfani.
Dopo aver fatto le domande, i membri della giuria hanno preso una bella decisione. La comunità Speranza ha condiviso la gioia di suor Charlotte dopo un lungo e serio lavoro.
La comunità Speranza disponibile all’accoglienza è anche disponibile a ricevere l'inatteso. Durante la visita del Nunzio Apostolico alla nostra parrocchia il 13 giugno 2021, abbiamo condiviso in tutta semplicità la conoscenza di ogni Congregazione della zona.
Dopo questo scambio con Monsignor Borgia, abbiamo visitato alcune opere delle suore Riparatrici del Sacro Cuore di Gesù: centro d’alfabetizzazione, cucito, … Verso le 11, è stata celebrata la messa. È allora, alla fine dell’omelia, che si è realizzato l’inatteso, il Nunzio dice: prendiamo come esempio di vita, la Beata Suor Maria Laura Mainetti di cui – diceva – la beatificazione ha avuto luogo domenica scorsa a Chiavenna, Italia. È una suora delle Figlie della Croce, suore in mezzo a voi. Suor Maria Laura testimonia la santità nel quotidiano.
Come si fa a non essere colpiti dopo questi momenti?
Solo il Magnificat di Maria testimonia il nostro rendimento di grazie.
Sì, «La mia anima magnifica il Signore, il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore!».
[1] Congregazione delle Figlie della Croce, Esprit et Vie, n° 2, 13.
L'inizio dell'anno scolastico 2019-2020 è stato molto difficile nella Scuola perché alcuni dei nostri insegnanti sono stati assunti nella scuola pubblica. Trovare dei sostituti non è stato facile perché la maggior parte degli istituti privati vivevano le nostre stesse realtà. Per grazia di Dio, alcuni insegnanti non di ruolo sono venuti ad aiutarci.
Ma in marzo, di fatto le lezioni sono state interrotte dal Covid19. Quando a maggio sono state riprese le lezioni, gli insegnanti si sono dedicati al loro compito con grande abnegazione. Hanno potuto così completare correttamente i programmi della terza media per conseguire il diploma.
I numerosi sforzi messi in atto hanno dato ottimi frutti, con risultati eccellenti che fanno onore a Sant’ Andrea-Uberto e a Santa Giovanna Elisabetta.
La grande sorpresa ci è venuta da un’alunna di 2° media che ha preparato l’esame di diploma di licenza della scuola media come candidata libera e l’ha superato bene.
Rendiamo gloria a Dio a cui affidiamo il nostro bel paese della Costa d’Avorio nella fase di preparazione alle elezioni presidenziali.
Signora Nambo Marie-Thérèse
Direttrice
Tutte le nostre attività erano ben avviate come in ogni altro luogo, quando la notizia di questa epidemia ci è giunta attraverso i media. Come possiamo non interrogarci, non preoccuparci quando i nostri paesi d'origine, le nostre sorelle, le nostre famiglie, i nostri conoscenti sono colpiti da questo strano virus che riporta alla mente il ricordo di altri virus che avevano fatto tante vittime nel loro tempo?
Le prime misure adottate dallo Stato ivoriano a metà marzo hanno riportato la realtà della nostra Regione del Poro, nel nord della Costa d'Avorio, con la chiusura delle scuole e il rinvio di tutti gli studenti confinati in casa per evitare il diffondersi dell'epidemia.
Nella nostra comunità di Sainte Elisabeth, si è posta una domanda: cosa fare delle nostre strutture? Il Centro Giubileo, accoglienza dei malati mentali, deve continuare la sua missione, il sollievo dei malati e delle loro famiglie non può attendere un'ipotetica data di fine confinamento. Per il Centro degli Handicappati Don Orione, è certo che i bambini in riabilitazione funzionale e in educazione speciale rimarranno a casa o saranno curati al CHR di Korhogo perché ci sarebbe un rischio troppo grande di contaminazione. Gli unici servizi che rimarranno aperti, con l'accordo delle due persone che vi lavorano, sono l'officina ortopedica per la manutenzione dei vari apparecchi e delle scarpe e l'accoglienza sociale che è sempre piena. Le autorità locali o le personalità che si preoccupano della sopravvivenza delle persone, malate o meno, che vengono da noi, ci hanno dato derrate alimentari di base perché potessimo distribuirle alle famiglie bisognose. Una gran parte della popolazione che svolge un lavoro informale, cioè mangia quello che ha guadagnato nella giornata, ha perso il proprio sostentamento con le misure adottate dal governo e la gente non ha più niente da mangiare e niente da dare ai propri figli!
Per questo, come comunità, abbiamo optato per una flessibilità nel confinamento e per una certa prudenza e per l'uso di mezzi protettivi: lavaggio delle mani e maschere lavabili in cotone a doppio strato realizzate da un sarto. Il confinamento parziale ci ha permesso di seguire i lavori della casa, di lavorare al computer, e di dedicare maggior tempo alla preghiera personale e comunitaria. In effetti, da un mese e mezzo non è più possibile partecipare alle celebrazioni eucaristiche in parrocchia e, come tutte le nostre sorelle, siamo state chiamate a intensificare la nostra preghiera perché tutto il mondo esca dalla pandemia e a pregare con i malati e le loro famiglie, con le nostre sorelle che attraversano questa croce e per tutto il personale sanitario e per coloro che si dedicano alla ricerca.
Fortunatamente, una o due volte alla settimana, abbiamo la possibilità di partecipare, nella nostra piccola cappella, alla Messa celebrata da un sacerdote inviato dal nostro parroco. Qualche volta alcuni parrocchiani si uniscono a noi... In questo Giorno della Resurrezione 2020, una donna incontrata dal nostro celebrante alla grotta mentre pregava Maria, è venuta a vivere l'Eucaristia con la nostra comunità. Alla fine della celebrazione, Marie-Lucie si è alzata in piedi, scusandosi, per dire grazie tanto era grande la sua gioia. Per questa cristiana, ex musulmana, questa messa è stata una benedizione. Non sapeva che avrebbe avuto questa bella possibilità e l'unica piccola somma di 5.000 franchi sefa destinata a comprare, nel giorno di Pasqua, qualcosa da condividere con i suoi parenti musulmani, l'aveva data in offerta. Era nel rendimento di grazie: questo momento era una benedizione in tutte le difficoltà che aveva dovuto vivere in quei giorni!
Per la nostra comunità, questa testimonianza rimane come una perla in un momento in cui vediamo l'epidemia aumentare lentamente nel nostro paese... Anche se il futuro è incerto, i nostri progetti e programmi, capovolti, questa parola, resta come una speranza: il Signore è risorto! Passa nella nostra vita quotidiana!
Sœurs Janine, Giovanna, Denise et Emmanuelle
Il 26 aprile, sono arrivate da noi due donne che, inviate dal servizio sociale dell’Ospedale di Korhogo, chiedono un aiuto. Infatti, la loro sorella è deceduta una settimana dopo il parto nel quale ha dato alla luce 3 piccoli bambini nati prematuramente. Wandja, Finin e Lazeni, due bambine e un maschietto, avevano visto il giorno e, come dei fiori molto fragili, cominciavano a sbocciare...
Una delle bimbe aveva dalla nascita una gambina spezzata al di sotto del ginocchio. “È stato un incidente”, ha detto l’ostetrica che ha partecipato al parto. Per fortuna, la loro zia si è impegnata a divenire la loro nuova mamma affinché possano crescere... Ma i bimbi, troppo piccoli (circa un kg) erano rimasti all’ospedale presso il servizio neonatale, sperando che potessero aumentare di peso.
Allora, con Alphonse, il nostro collaboratore, abbiamo iniziato a dare il nostro aiuto ai bimbi e alla famiglia: contatto con l’ospedale, acquisto dei biberon, del latte, dei pannolini, dei medicinali, dei vaccini ecc.… del necessario per la protezione contro il Covid19 per il personale sanitario che lavora all’ospedale presso i nostri 3 bimbi. Si trattava di un urgente bisogno perché i bambini, che avevano ricevuta la vita dalla loro mamma, potessero sopravvivere e crescere con l’aiuto di chi si prenderà cura di loro.
Per questo ci siamo recate all’ospedale per conoscere i bimbi, vedere come e quando la piccola Finin potrebbe essere curata alla gamba spezzata e assicurarci che i tre bimbi fossero ben curati. Dopo un primo tempo di dimagrimento, i piccoli, a forza di cure, hanno iniziato a prendere un po’ di peso anche se Lazeni, il maschietto, restava in una situazione abbastanza critica. La gamba di Finin, finalmente è stata immobilizzata in modo da farla soffrire meno. Ci restava il dubbio sulla posizione che avrebbe potuto prendere in seguito il femore!
Dopo circa un mese, i gemellini hanno lasciato l’ospedale. Erano aumentati di ben 400 grammi e davano buoni segni di salute. Allora la nuova mamma è giunta al nostro Centro, accompagnata da altre due donne per mostrarci i bimbi e per ottenere il necessario per nutrirli e prendere cura degli stessi. Erano piccoli ma talmente belli, aprivano a poco a poco i loro occhi al mondo...
La zia è giunta una seconda volta la scorsa settimana dopo essere stata all’ospedale per un controllo. Aveva ricevuto in dono dall’Unicef dei “kangourou” per portarli ai 3 bimbi e per maggiore sicurezza ci ha chiesto di aiutarla sul come utilizzarli. Un’amica italiana vedendo la foto ci ha scritto: “Ma voi siete delle incubatrici umane!”
Ma la vita è fragile... Come un fiore che cerca di aprirsi, un grande colpo di vento lo fa cadere e appassire. Alla vigilia della Pentecoste, Lazeni, con una forte febbre, è passato all’altra riva ed ha raggiunto la sua mamma... C’è un angelo in più nel cielo!
Ma la storia non è finita. Wandja e Finin sono vivi e devono crescere! La loro nuova mamma conta su di noi per un aiuto concreto. Ed è grazie ai doni dei benefattori che noi potremo sostenerli.
Questi fiori hanno raggiunto il mazzo dei numerosi fiori presenti nel nostro giardino. Wandja e Finin hanno raggiunto Alassane, Fousséni, Nonlourou, Eléakim, Korotoum, Espérance e tanti altri...
La vita chiama! Questi due fiori si apriranno, lo speriamo!
Quanto a noi: la carità ci spinge!
Suor Giovanna e Suor Emmanuelle
Nell'ambito della pastorale giovanile e vocazionale, la nostra diocesi di Katiola, in Costa d'Avorio, organizza ogni anno incontri annuali per i giovani durante i tempi forti della Chiesa. Per questo motivo, la nostra parrocchia ha invitato i giovani a vivere un pele-giovani in questo tempo di Quaresima per testimoniare la loro scelta per Cristo. I giovani sono venuti dai quattro angoli della parrocchia per incontrarsi in un villaggio (Sourkoudougou) situato a quattro chilometri dalla parrocchia. Per vivere bene questo tempo di pellegrinaggio, abbiamo diviso i giovani in diversi gruppi di trenta persone, per permettere una buona partecipazione alla riflessione sui temi e la Via Crucis proposta dall'equipe incaricata dell'organizzazione. Durante il cammino, c'è stata la Via Crucis e momenti di pausa per permettere ad ogni gruppo di fare un momento di riflessione per rispondere ai questionari presi dal messaggio del Papa per la Quaresima. I giovani sono stati accompagnati dal cappellano dei giovani, padre Armand Touré, dalla consigliera, suor Clémentine Tapsoba con suor Adèle Rouamba. C'erano anche dei volontari (insegnanti delle scuole superiori) che si sono offerti per accompagnarci.
Quando siamo arrivati al luogo di accoglienza, la comunità cristiana e i catechisti ci aspettavano con gioia. Anch’essi erano numerosi per partecipare alla celebrazione eucaristica con noi. Eravamo circa 350 tra giovani e adulti, più alcuni bambini. Dopo un tempo di riposo, abbiamo avuto un incontro sul tema: GIOVANE MISSIONARIO CON CRISTO, tenuto da suor Clémentine. In seguito, abbiamo avuto la celebrazione Eucaristica e la condivisione delle riflessioni guidata da padre Armand, al posto dell'omelia.
Dopo questa bella celebrazione Eucaristica, seguita dalla condivisione del pasto portato da ogni pellegrino, c'è stata un'animazione del coro giovanile con canti di lode prima del ritorno. Abbiamo ripreso il cammino di ritorno con la benedizione di Dio stesso (una buona pioggia!) che ha rinnovato le nostre forze. Quando siamo arrivati in parrocchia, il parroco, padre Alexis e suor Marie ci aspettavano per benedirci e inviarci in missione nei nostri luoghi di vita e nel mondo.
Questo tempo di pellegrinaggio è stato un momento di condivisione, di scambio e di preghiera tra i giovani della parrocchia. Ognuno ha sperimentato interiormente la gioia di poter fare un cammino di fede con Cristo e con gli altri.
La sera del 17 marzo 2020, le suore della comunità di Abidjan vivono un momento tranquillo di incontro con le suore venute da Khorogo: Emmanuelle e Janine. Fraternamente, condividono i progetti di ciascuna per i giorni che seguiranno: le procedure amministrative per le strutture sanitarie: il Centro Giubileo di Korhogo, la ripresa della scuola: il CELAF-Centro Lassalliano Africano, il ritmo quotidiano della missione: presenza comunitaria, permanenza in Vescovado per il segretariato, … In breve, tutta una lista di attività da svolgere. Ma tutt’a un tratto, dopo avere letto i suoi «sms»[1], Emmanuelle grida: «Ecco! Il governo ivoriano rivolge un comunicato stampa alla popolazione: si tratta della chiusura di tutte le scuole nell'ambito della prevenzione della diffusione del Coronavirus». Ed ecco che un semplice «testo» sconvolge tutta la lista dei nostri "Faremo questo, faremo quello"! Tutte le pratiche erano bloccate. Per fortuna Emmanuelle e Janine hanno trovato la possibilità del trasporto per raggiungere la loro comunità.
Abbiamo avuto la grazia di vivere l’Eucaristia fino al 19 marzo, giorno in cui le direttive delle autorità ecclesiastiche in relazione ai provvedimenti statali, annunciano la sospensione di tutte le attività pastorali della Diocesi. Ormai, quindi, sono sospese tutte le riunioni di più di 50 persone: riunioni di Preghiera, le Celebrazioni Eucaristiche con la partecipazione dei fedeli, gli incontri di catechesi e la Via Crucis. Nello stesso senso, i pellegrinaggi diocesani dei giovani e degli adulti, per il periodo della Quaresima previsti per domenica 22 marzo, sono stati annullati. Solo i ragazzi della Parrocchia Notre Dame de l’Espérance (circa 3000) hanno avuto la fortuna di partecipare sabato 14 marzo. Sabato 21, abbiamo osato esprimere un rammarico al Parroco..., se fosse possibile avere la Celebrazione dell'Eucaristia nella nostra Cappella la domenica. Questo ci è stato concesso e il Vicario è venuto a celebrare la Messa alla Comunità. Una suora della Congregazione di Nostra Signora di Evron si è unita a noi.
Molto presto dopo questi movimenti, la situazione sanitaria all'interno del paese si è evoluta: di 3 casi accertati a metà marzo abbiamo raggiunto gli oltre 80 ad oggi. Per fortuna finora non sono stati segnalati decessi, ma sono stati segnalati 3 casi guariti. Tuttavia, il governo non abbassa la guardia. Al contrario, ha rafforzato le misure per combattere la diffusione di Covid-19:
Per considerare la situazione economica della popolazione, che ha l'obbligo di lavorare, lo Stato ha deciso di mantenere la circolazione dei mezzi di trasporto pubblico come i taxi a pagamento, i “gbaka” (mini-bus utilizzati per trasportare parecchie decine di persone), i “woro-woro” (“covoiturage”). Questi mezzi di trasporto possono quindi circolare a condizione che il numero di passeggeri sia ridotto per rispettare una certa distanza. La cosa migliore è non averne bisogno !!!
Per quanto riguarda il lavaggio delle mani, è altamente raccomandato. In tutti questi sconvolgimenti sembra che cominci a mancarci qualcosa di importante: il sorriso "made in Costa d'Avorio" mimetizzato dalla maschera nasale, anch'essa altamente raccomandata!
Ma in mezzo a questi eventi sconvolgenti, sentiamo l'invito a onorare l'umile ambito della vita quotidiana[2]. Sì, queste realtà dell'ordinario ci sono rivelate e il Vangelo è molto eloquente in questi giorni di difficoltà, quando ci invita a vivere la piccolezza come luogo di vita: "Servo buono e fedele, … sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”, Matteo 25, 21.
Le piccole cose da vivere in questi giorni in terra ivoriana?
Dobbiamo accettare di vedere la vita diversamente attraverso la malattia dovuta al Coronavirus.
Dobbiamo ritrovare nell’ «isolamento» la novità e l’attualità del Vangelo. Seguendo l’esempio del figlio prodigo, la Buona notizia ci invita a «rientrare in noi stessi», Lc 15, 17 per ritornare all’essenziale, per restituire alla nostra consacrazione la serietà dell'impegno battesimale.
Sì, accogliamo con riconoscenza le parole di Suor Susana: «Siamo davanti ad un’opportunità privilegiata… per ritornare all’essenziale di ciò che è umano e dell’umanità… per trovare nuovi punti di riferimento e nuovi cammini di felicità… e domandare la grazia e la saggezza di un nuovo inizio».
La grazia delle Spirito Santo possa rivelarci che ciò che noi viviamo come giorno di sofferenza resta invincibilmente “tempo di promessa e di speranza”[4].
Le sorelle della comunità di Abidjan
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[1] Short messaggio servizio o minimessaggio.
[2] Prefazione, d’Anne Pelletier in Baptisés dans le feu, Christus de Dolores ALEIXANDRE.
[3] La Congregazione delle Figlie della Croce, La Fondatrice, Il Carisma, éd. Du Signe, p. 4-5.
[4] Prefazione, di Anne Pelletier in Baptisés dans le feu, Christus de Dolores ALEIXANDRE.
Un giorno, alla fine di settembre, il padre di Tiélourgo bussò alla porta del nostro Centro. Dopo aver provato di tutto - medicina tradizionale, massaggi e la preghiera di un pastore - era disperato...
Aveva cercato aiuto per più di tre settimane per far curare sua figlia. In effetti, all’ospedale di Korhogo, dovevano farle una trasfusione di sangue perché era molto anemica e doveva subire un intervento chirurgico di amputazione di una gamba per prevenire, se non era già avvenuta, la diffusione di un tumore che aveva già preso il sopravvento sul ginocchio.
Senza le 240 000 franchi sefa (366 €) con cui doveva pagare l’operazione e le trasfusioni, non avrebbe potuto fare nulla. E il cancro, molto rapidamente o troppo rapidamente, avrebbe portato via la bambina di 10 anni.
Così Suor Giovanna ed io abbiamo deciso di fare qualcosa e di farlo in fretta. Abbiamo richiamato il padre che è tornato la mattina dopo con tutte le cartelle cliniche. Dopo averlo ascoltato di nuovo per qualche istante, lo abbiamo lasciato tornare in ospedale con i soldi dell'operazione. Anche se sapevamo che questa somma ci sarebbe mancata per il funzionamento del nostro Centro, non potevamo ignorare l’urgenza: salvare un bambino, salvare Tiélourgo era prioritario.
Siamo andate a trovarla il giorno dopo l’intervento… Malgrado la spossatezza, la piccola figlia aveva un bel volto e i suoi genitori mostravano il volto radioso di coloro che avevano lottato ed erano riusciti nella causa per cui avevano penato da settimane o da mesi …
Alcuni giorni più tardi, Tiélourgo è ritornata di nuovo al Centro con suo papà. Ci hanno ringraziato.
Hanno domandato ancora aiuto per poter proseguire le cure postoperatorie. Noi abbiamo dato loro 50 000 FCFA (€ 76,25) per acquistare i medicinali e il necessario per i bendaggi.
Abbiamo agito nell’urgenza. Le cure di Tiélourgo erano appena iniziate e noi avevamo già finanziato 290 000 FCFA.
Ringraziamo i benefattori che ci permettono di dare la possibilità di vivere a questi bambini e di dare sollievo alle loro famiglie.
Tiélourgo, visto che la ferita dell'operazione era ben cicatrizzata, ha ripreso la scuola... Frequenta la seconda classe elementare.
Nel cuore della regione del “Poro”, il Centro degli Handicappati Don Orione Antenna di Korhogo, accoglie con la loro famiglia, i bambini e gli adulti in situazione di handicap fisico, mentale o sensoriale, con lo scopo di aiutarli a fare un passo di più verso la loro autonomia fisica e intellettuale in vista di un loro inserimento nella società.
Da 25 anni, la missione del nostro Centro degli Handicappati Don Orione Antenna di Korhogo, continua con richieste che si diversificano e aumentano di anno in anno. Questo Centro è nato nel 1994 per iniziativa dell'unione delle religiose di Korhogo e affidata alla Congregazione delle Figlie della Croce da monsignor Auguste Nobou, vescovo della diocesi di Korhogo.
Negli ultimi anni abbiamo avuto la fortuna di avere l'aiuto di educatori venuti da due direzioni regionali dei ministeri per rafforzare l'équipe di loro competenza per poter accogliere e accompagnare sempre più bambini in educazione specializzata: i disabili intellettuali e i sordomuti.
Se aumenta il numero di bambini accolti e presi in carico, è perché c’è stato un grande lavoro di sensibilizzazione intorno all’handicap, cominciato fin dalle origini del Centro e anche prima. In effetti, molti bambini erano lasciati da parte, nascosti o accompagnati alla morte. Le famiglie si arrangiavano per farli sparire e morire perché, secondo la loro credenza, i bambini nati con un handicap erano considerati figli-serpenti, e facendo in questo modo favorivano il ritorno alla loro natura primitiva.
Allora, quando dopo 3 anni di domanda e di attesa, convinte che bisognava fare un passo in più nell’accoglienza delle persone in situazione di handicap e delle loro famiglie, il 24 ottobre 2019, abbiamo avuto una grande gioia: il Ministero del Lavoro e della Protezione Sociale, nelle mani del Ministro, ha firmato l'approvazione del nostro Centro: «per realizzare tutte le azioni necessarie per l'educazione dei bambini e degli adolescenti con disabilità».
Questo ci apre alla possibilità di fare convenzioni con diversi ministeri che ci permetteranno di rispondere meglio alle richieste sempre in aumento in tutti i settori, sia nella cura della salute fisica che nell'accompagnamento educativo di chi viene da noi.
Una nonna che era venuta ad affidarci la sua nipotina che, all’età di 4 anni non parlava, alla festa di fine anno ci disse la sua gioia: «Prima mia nipotina non parlava, ma ora parla il dioula, il sénoufo e il francese. Io non ci credevo, ma ora so che può imparare! Ringrazio gli educatori e il Centro!».
Allora in spirito di servizio a queste popolazioni di persone in situazione di handicap e alle loro famiglie così vulnerabili, vediamo che l’avvenire si apre con altre prospettive.
«Bisogna fare molto di più. Molto di più di quanto possiamo fare. Per cercare di fare abbastanza. Bisogna fare di più, ogni giorno, tutti i giorni…
Ogni amore seminato, presto o tardi, fiorirà!» (Raoul Follereau)
A Niellé, ritorno di Suor Janine chiamata «Shientchon»
In occasione di un incontro in città, Suor Fatou Xavière mi chiese se fossi stata libera nel mese di dicembre. Alcune settimane dopo, ricevemmo un invito per festeggiare i suoi 25 anni di vita religiosa a Niellé.
Niellé evoca per me il primo contatto con la Costa d’Avorio profonda, il 16 settembre 1973. Quel giorno arrivammo a Niellé con Suor Mathilde Saint Jean, Assistente Generale e Suor Jeanne Aldalurra e Jeanne Marisco.
È la stessa emozione che mi ha preso il 23 dicembre vedendo le persone che venivano a salutarmi chiamandomi per nome. Io riconoscevo alcuni e scoprivo altri che erano divenuti adulti e ancora altri che ora avevano i capelli bianchi e delle rughe come me. Ciò che mi ha incantato è che tutti avevano un buon ricordo. Forse il tempo cancella ciò che ci può essere stato di non troppo buono. Abbiamo preso il tempo per posare per le foto, uscendo dalla messa. Ecco, ero ormai nelle loro mani.
Brehima con cui avevo lavorato per 25 anni al dispensario ha chiamato l’infermiere per farmi fare una visita al dispensario. Il personale era sorpreso di vedermi in carne ed ossa. Mi vedono tutti i giorni in foto nella sala d’attesa. Infatti, venti anni fa il prefetto di Ferké aveva mandato un fotografo per scattare “una fotografia” e questa foto è sempre rimasta nella sala d’attesa del dispensario, anche se ora i colori sono molto sbiaditi.
La cerimonia che ci aveva condotto a Niellé era molto bella; Suor Fatou aveva scelto di festeggiare i 25 anni di vita religiosa a Niellé, villaggio vicino al suo villaggio natale. Fatou proviene da una famiglia mussulmana e tutta la sua famiglia era là. I giovani di Niellé saranno sicuramente sensibili a questa testimonianza di vita consacrata a Dio.
La gente dà a Molti missionari dei nomi significativi. Quando l’età della pensione è arrivata per me, a 55 a quel tempo, le autorità hanno voluto ringraziarmi donandomi la medaglia al merito. Ci sono stati dei bei discorsi, alcuni pieni di gentilezza: «è il suo ardore nel lavoro che vogliamo onorare oggi!»
Con molta serietà, la gente mi ha dato un Cognome e un Nome: Suor Ouattara Shientchon detta Suor Janine. Ho voluto sapere il significato del mio nome: "quella che ci ha accolto con un buon cuore".
L’otto dicembre 2017, un bambino è stato accompagnato dal Signor Yéo Soulemane, imam della moschea del quartiere Premaforo, al Centro Sociale 1 di Korhogo. Il griot, inviato dall’ imam per percorrere le strade di Korhogo, chiedeva alle persone se fossero al corrente della scomparsa di un bambino. Ma nessuno sapeva qualcosa! L’imam ha dichiarato che il 6 dicembre 2017 è stato informato da un fedele della moschea che da tempo vicino al luogo di culto c’era un bambino. Si è avvicinato al piccolo chiedendogli da dove venisse e chi era. Il bambino ha risposto che si chiamava “Tchekoroba” (“il vecchio”). L’imam ha riferito di aver communicato con il bambino difficilmente e inoltre non aveva i mezzi materiali e finanziari per prendersi cura di lui. Si è dunque rivolto ai servizi di competenza per la protezione dei bambini.
Gli impiegati del Centro Sociale si sono messi all’ascolto del bambino il quale ha detto loro di chiamarsi Issa e che è stato soprannominato dal suo papà “ Tchekoroba”. Suo papà si chiama Drissa. Issa non conosce sua mamma perché deceduta, ha riferito all’ equipe del Centro Sociale che suo papà l’avrebbe affidato ad uno zio, un marabùtto (un santone musulmano) che vive nello stesso villaggio (il cui nome non ricorda). Questo zio ha portato Issa al tramonto del sole davanti alla moschea intimandogli di restare sul luogo fino quando egli sarebbe ritornato.
Dopo diversi giorni d’attesa, lo zio non è venuto. E’ per questa ragione che Issa si trovava sempre davanti alla moschea. Questo bambino abbandonato, lasciato al suo destino era in pericolo, incapace di vivere da solo.
Il giudice della tutela dei bambini è stato informato dal Centro Sociale della situazione e ha ordinato che il bambino fosse affidato ad una famiglia. E’ stato fatto appello a diverse famiglie perchè potessero accoglierlo ma venendo a conscenza che il bambino era malato, tutte hanno rifiutato. Il Centro Sociale, conoscendo Alphonse e sua moglie Edith, ha chiesto loro se potevano accogliere Issa. La loro risposta è stata positiva.
Il giorno dopo, Alphonse ha accompagnato Issa da un pediatra dell’ospedale di Korhogo per una visita medica. Questa ha rivelato che il bambino soffre di una tumefazione e una deformazione della colonna vertebrale. Il pediatra ha pure stabilito un certificato dell’età fisiologica e dopo aver consultato il servizio di chirurgia hanno loro attribuito l’età di 6 anni ! La consultazione in questo servizio ha pure rivelato il sospetto di un Morbo di Pott, una forma di tubercolosi.
Attraverso analisi approfondite il ragazzino soffre vermaente di questo morbo ed inoltre la presenza di una massa liquida nello stomaco ed un’anemia importante. Per cui segue una terapia adeguata.
Issa va a scuola e sta riprendendo il primo anno della scuola elementare in quanto ha iniziato con ritardo lo scorso anno scolastico.
Malgado tutto Issa ha ritrovato il sorriso e vive serenamente nella famiglia che lo ha accolto e che lo ama come uno dei propri figli.
C’è una fine per tutto! Il tempo è venuto di dire «arrivederci» alla mia diocesi di Katiola.
Arrivata in Ottobre 1966, ora lascio questa diocesi (la mia seconda famiglia e grande famiglia) il 21 Novembre 2017.
Inviata a Korhogo, alla Scuola Ste Elisabeth, all’arrivo di Monsignor Nobou, lascio questa missione nel 1973 per fondare a Niellé con Suor Jeanine Sein e Suor Jeanne Aldalurra.
Nel 1989, in seguito alla richiesta delle mie responsabili, lascio Niellé per andare a Boniéré, con una nuova équipe per aprire una comunità di formazione per le prime giovani africane che desiderano diventare Figlie della Croce.
Le Suore Catechiste di Menton avevano lasciato questa parrocchia da una decina d’anni.
Sono rimasta e ho lavorato in questa parrocchia con i Djiminis, per più di 27 anni.
Mi è stata posta una domanda: «Qual è stata la sua missione preferita?» Quando si tratta di portare agli uomini «la gioia del Vangelo», non si possono fare paragoni. Ho cercato di adattarmi ad ogni situazione, ad ogni mentalità per annunciare Gesù Cristo, per portare un po’ di gioia e di conforto, soprattutto ai più poveri, agli handicappati. Una missione più amata è la catechesi ai bambini scolarizzati e ai giovani, potevo annunciare loro la tenerezza di Dio per ciascuno, dire loro che Dio si interessava a ciascuno di loro.
Ho voluto semplicemente vivere il nostro carisma che si riassume in due parole: «insegnare e guarire». Nello stesso tempo, sull’esempio della nostra Fondatrice Santa Giovanna Elisabetta, ho voluto avere un’attenzione particolare per la Chiesa e i suoi pastori, i nostri Preti.
Ciò che ho potuto fare di bene là dove sono passata, è con la grazia di Dio che non ci manca mai e con l’aiuto e il sostegno delle mie Sorelle. È la comunità che evangelizza. Da qui l’importanza di vivere una vita fraterna, una vita di preghiera nella semplicità, l’umiltà e la gioia condivisa. Non si dice che « l’unione fa la forza » !
Se durante questi cinquant’anni, ho potuto apportare qualcosa alla diocesi di Katiola, posso dire sinceramente che ho ricevuto molto dalla popolazione, dalla fraternità delle Religiose, dai nostri Preti e dal nostro Vescovo Monsignor Bessi che ci ha sempre dato fiducia.
Un grande, grande grazie a voi tutti! Scusate se non ho sempre risposto alle vostre attese.
Ritorno al Paese Basco, ma non da sola, con tutti voi nel mio cuore e nella mia preghiera. Non è che un arrivederci, fratelli miei, non è che un arrivederci! Sì, noi ci rivedremo un giorno!